I ritratti del Ceratti
Io ritratto
quella foto che mi hai fatto
sono vecchio e sembro matto
non mi riconosco affatto
non la voglio e me la batto
senza neanche un po' di tatto
svelto scappo come un ratto
sotto l'occhio di un bel gatto
che mi guarda e fa uno scatto.
Dimmi: qual era poi il nostro patto?
Quando, per qualsiasi motivo e il più delle volte casuale, incontro Davide mi si rimette in circolo una voglia di giocare più forte di me: non riesco a controllarla. Ritorno ai nostri vent'anni, quando ci divertimmo, e molto, a giocare a fare i registi di cinema. E così escono le parole che ho scritto sopra. Per scusarmi un po', aggiungo questa breve nota. Dentro quelle rime baciate, scombiccherate e ingenue, probabilmente c'è un piccolo quesito su cui riflettere. Qual è il ruolo della fotografia nei confronti della realtà? Che fare, per esempio nel mio caso, quando il soggetto ritratto è divenuto vecchio e le foto lo immortalano così com'è e non come si immagina? Mostrare con il distacco di un occhio impietoso quel che c'è? Oppure come nel Dorian Gray di Wilde il patto è illudere e caramellare il mondo per farci apparire sempre giovani e belli? Forse esiste una terza via: io penso che Davide la conosca.
Lascio comunque alle menti più studiate e meno ludiche, e anche ai poster (che tanti sono fotografici) l'ardua sentenza.
Giampaolo Mascheroni